Pronto in pochi minuti, la Puttanesca, è un piatto a base di pasta, assolutamente saporito, che emana un invitante profumino e che fa subito salire l’acquolina in bocca. 

Si tratta di un piatto tipico della cucina napoletana, detto anche semplicemente “aulive e cchiapparielli”, condito con un sugo preparato con pomodorini, olio extravergine d’oliva, aglio, olive nere di Gaeta, capperi e origano. Dello stesso piatto esiste anche una variante laziale che prevede l’aggiunta di acciughe sotto sale.

Un pò di storia

Le prime testimonianze di una pasta condita con una salsa molto simile a quella della Puttanesca, risalgono agli inizi del XIX secolo, quando il Cavalcanti, nel suo manuale Cucina teorico-pratica, propose alcune ricette di cucina popolare napoletana definendola “Vermicelli all’Oglio con olive capperi ed alici”. Ma è solo nel 1931 che la guida gastronomica d’Italia edita dal T.C.I la elenca tra le specialità gastronomiche campane definendola “Maccheroni alla marinara”. 

L’etimologia della “puttanesca”

Per quanto riguarda la sua origine etimologica, è stata oggetto di sforzi da parte di molti studiosi. Il noto esperto di gastronomia Arthur  Schwartz, nel suo libro “Naples at table”, ipotizza che la pasta alla puttanesca sia nata a Napoli, nei quartieri Spagnoli e che l’ideatore sia stato il proprietario di una casa di piacere del noto rione napoletano. Un giorno decise di rifocillare i suoi ospiti inventandosi un piatto semplice e veloce, e fu così che pensò a questa pasta dal nome colorito.

Altri fanno riferimento agli indumenti intimi delle ragazze della casa che, per attirare l’occhio del cliente, indossavano biancheria dai colori vistosi. I tanti colori che si ritrovano in questa salsa. Altri ancora sostengono che l’origine del nome sia da attribuire ad una ragazza di vita, Yvette la francese, una prostituta provenzale che, dopo aver ideato il piatto, pensò bene di attribuirgli un nome in onore del suo mestiere.

La leggenda ischitana

Si narra che, subito dopo la seconda guerra mondiale, a Ischia, il pittore Eduardo Colucci, li ribattezzò con il nome con cui oggi è generalmente conosciuto. Colucci, che viveva per gli amici, d’estate abitava a Punta Molino – in quel tempo uno degli angoli più pittoreschi di Ischia – in una rustica e minuscola costruzione; camera con cucinino e un terrazzo in mezzo al quale si innalzava un albero di ulivo. Oltre ai consueti più intimi amici, sfilavano sulla sua terrazza le più svariate personalità italiane e straniere. E lui, dopo aver offerto come aperitivo un fresco e genuino vinello d’Ischia, improvvisava spesso una cenetta dove questo piatto rappresentava la sua specialità.

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